sabato 2 ottobre 2010

Novità: TARJA DEI LUPI di Grazia Gironella

Cresciuto in una realtà di delinquenza e degradazione, Jan è un solitario che conduce una vita priva di pastoie morali. L’unico rimpianto, la donna abbandonata in un passato da dimenticare; l’unica famiglia, la gilda per cui lavora.
Ma cosa accade a un assassino che perde la capacità di uccidere?
Gioca un’altra carta, oppure perde tutto?
Nel tentativo di tornare ciò che era, Jan si imbatte in Tarja e Omi, e con loro in una realtà mai immaginata, capace di imprimere un nuovo corso alla sua vita.
Saranno proprio gli occhi di Tarja, capaci di vedere molto lontano, che assisteranno alla sua difficile scelta.


Grazia Gironella è nata a Bologna nel 1963. Attualmente vive in provincia di Pordenone con la famiglia. Si dedica a tempo pieno alla scrittura dal 2004 e ha vinto alcuni premi letterari per inediti. Suoi racconti sono in via di pubblicazione nelle antologie: Narrazioni – 1 (Servizi Letterari), La Superbia (Giulio Perrone Editore) e Premio Creativa 2009 (Edizioni Creativa).


Grazia Gironella
TARJA DEI LUPI
Racconto terzo classificato al Premio Tabula fati 2008
Edizioni Tabula fati
[ISBN-978-88-7475-179-2]
Pagg. 64 - € 5,00

http://www.edizionitabulafati.it/tarjadeilupi.htm

mercoledì 10 febbraio 2010

NGF. L'ULTIMO TRAPIANTO: Recensione di Renzo Montagnoli

Chi non ha mai letto Frankenstein, o il moderno Prometeo, di Mary Shelley, da cui furono tratte alcune fortunate trasposizioni cinematografiche con l’indimenticabile Boris Karloff nei panni del mostro?
L’associazione fra lo scienziato, Victor von Frankenstein, e “la creatura” è stata tale che spesso quest’ultima viene identificata con il nome del suo ideatore.
Giuseppe Magnarapa, sulla scia di questo celebre romanzo, allestisce un racconto ambientato in epoca moderna e quindi plausibile alla luce delle sue conoscenze mediche, con una geniale variante: scienziato e creatura diventano un tutt’uno.
Era difficile inventare qualche cosa di nuovo, ma la vicenda del dottor Varaldi, il più famoso chirurgo esperto in trapianti, che vuole sfuggire alla morte a causa di un cancro che gli devasta il corpo, ma non è ancora arrivato alla testa, è congegnata in modo del tutto originale ed avvincente. Non si tratta più di confezionare un “mostro” con organi recuperati esclusivamente da cadaveri, ma di innestare nel corpo, sano, di un morto per incidente l’intera testa di Varaldi, grazie al compiacente aiuto del suo allievo prediletto Wender e di altri tre medici di chiara fama. L’intervento di per sé si presenta già difficilissimo, ma c’è anche il rischio che, qualora positivamente riuscito, le terminazioni nervose del donatore e del ricevente non riescano a dialogare fra loro. Varaldi, però, ha un asso nella manica: una sostanza chiamata NGF (Nerve Groving Factor) , già sperimentata da Rita Levi Montalcini, in grado di ripristinare l’integrità delle fibre nervose.
Non vado oltre, perché il seguito è troppo piacevole e a sorpresa per togliere al lettore il gusto di sapere cosa avverrà.
Caratteristica del racconto è di partire con un fantastico quasi convenzionale, assumendo via via maggiore credibilità, anche perché l’autore è, come si suol dire, un addetto ai lavori. Infatti è medico e specialista in Neurologia e Psichiatria e trasfonde nell’opera le sue conoscenze scientifiche al punto di riuscire a convincere piano piano che la vicenda narrata potrebbe essere possibile. Fra l’altro, dopo le prime pagine interviene un positivo connubio di horror e di noir che consente di pervenire a un finale inaspettato e che penso che risulterà più che gradito al lettore.
Esposto con uno stile mai greve, anzi piuttosto agile, NGF L’ultimo trapianto è veramente un bel racconto, tanto che ne consiglio senz’altro la lettura.

Renzo Montagnoli

http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=6457

mercoledì 27 gennaio 2010

Gli scorridori infernali: RECENSIONE di Renzo Montagnoli

L’historia di Gaspare Barbarigo, raccontata dal medesimo, inviato dalla Serenissima Repubblica di Venezia per investigare sui terribili fatti di sangue che, sul finire dell’anno del Signore 1475, sconvolsero il contado bergamasco.

Sono gli ultimi anni del Medioevo e già il Rinascimento, con la riforma di Lutero, bussa alle porte del tempo. Tuttavia l’epoca storica, prima di finire, ha gli ultimi guizzi di quell’oscurantismo che in parte l’ha contrassegnata, con fatti straordinari, da inferno in terra, nei possedimenti bergamaschi della Serenissima. Morti misteriose, senza una precisa logica se non quella della violenza, si susseguono, con vittime che sembrano frutto della casualità. Più che opera di esseri umani si ha l’impressione che la ferocia dei delitti sia più ricollegabile a bestie, o meglio ancora a uomini-bestie, secondo i canoni tipici della “Caccia Selvaggia”, o della “Katertempora”, comunque la si voglia chiamare.
Questa serie impressionante di fatti di sangue si svolge nel feudo del vecchio Bartolomeo Colleoni, il grande condottiero, Capitano di Terra della Serenissima Repubblica Veneta, e nel suo castello di Malpaga giunge Gaspare Barbarigo, su incarico del Doge, per svolgere le indispensabili indagini.
Benché la vicenda si svolga nello spazio ristretto di un racconto, l’autore è riuscito a condensare notevolmente la narrazione, così da essere completa, esauriente e appassionante nelle sole 40 pagine del libro.
Premetto che l’aspetto “horror” dell’inizio poco a poco sfuma in un thriller la cui soluzione, peraltro logica, si ha, come si conviene, solo alla fine, in una specie di duello tacito fra il colpevole e un rappresentante della fede, più portato alla stringente razionalità che alla superstizione, propria invece di un popolino terrorizzato da eventi inspiegabili.
Per quanto ovvio non anticipo nulla, al fine di non togliere il piacere della scoperta che conclude degnamente un racconto ben scritto e dove i caratteri dei protagonisti emergono pagina dopo pagina, portando alla considerazione, tema anche di altri scrittori, che sovente le persone non sono quel che sembrano e che quindi anche la verità ha molte facce, tanto da non essere mai assoluta.
La lettura, assai piacevole, è quindi senz’altro consigliata.
Renzo Montagnoli

http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=6416

giovedì 14 gennaio 2010

LA STREGA E IL ROBIVECCHI: Recensione di Renzo Montagnoli

Fiorella Borin, veneziana trapiantata ormai da tempo in terraferma, sembra di casa a questo concorso (il Premio Tabula Fati) alle cui edizioni partecipa con puntualità, ottenendo lusinghieri risultati, come testimonia il secondo posto nell’edizione 2008 di questo suo racconto (in verità, nel 2009 è andata ancor meglio, vincendo la settima edizione con Christe Eleison).
Narratrice esperta, dotata di uno stile snello, scorrevole, è naturalmente portata alla narrativa storica o di ambientazione storica, come dimostrano Il pittore Merdazzer, secondo nell’edizione 2006, e anche Il bosco dell’unicorno, pure secondo nel 2003.
Fiorella Borin ha la capacità di essere accattivante inserendo in contesti storici degli elementi fantastici, così che sempre riesce a dare forma a un’originalità che non può che sorprendere piacevolmente il lettore.
Anche con La strega e il robivecchi, una vicenda da epoca di Santa Inquisizione, ricrea abilmente la vita di un borgo, Triora, a suo tempo famoso per le streghe, senza che però il periodo storico sia esattamente identificabile. Eppure la grande carestia, le superstizioni, la miseria, l’amore offerto e quello bramato finiscono con il fornire un convincente quadro in cui a fianco di due personaggi che hanno tutta l’apparenza di essere reali (il robivecchi Bigiarino e il riuscitissimo notaio Basadonne), si profilano dapprima, per poi concretizzarsi in modo del tutto naturale nella vicenda, elementi che sono propri del fantastico.
E’ dalla superstizione che condanna al rogo le presunte streghe che emerge, in modo sottile, la creatività dell’autrice, capace di rendere credibili fatti e soggetti che la nostra logica tende a considerare frutto di fantasia.
Del resto l’inquisizione c’era per debellare le adepte di Satana, quasi sempre vittime di calunnie, oppure povere pazze; e se il tribunale religioso credeva all’esistenza delle streghe, per quale motivo questa convinzione non avrebbe dovuto entrare nella modesta, per dire inesistente cultura del popolo?
Così la vicenda di Bigiarino, innamorato in silenzio di Isotta la Bella, finita poi sul rogo, trova quel substrato di plausibilità che riesce a convincere e ad avvincere il lettore su una domanda che alla fine per forza si pone: sono solo superstizioni?
Fresco e spumeggiante come un vino novello questo è un racconto che merita senz’altro di essere letto.

Renzo Montagnoli

http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=6331

giovedì 7 gennaio 2010

Novità: LA STREGA E IL ROBIVECCHI di Fiorella Borin

Bigiarino è un robivecchi giovane e prestante, dotato di un’intelligenza vivida e una loquacità inarrestabile. Per riuscire a smerciare le sue carabattole, gira di paese in paese seminando frottole e rivolgendo frasi galanti a tutte le donne che si accostano al suo bizzarro carretto. E tutte lo trovano irresistibile tranne una, la più bella, la sola che lui ami davvero, l’unica capace di ammutolirlo: la misteriosa Isotta, la cui morte darà avvìo a una serie di eventi imprevedibili e raccapriccianti.
Ambientato in una Triora scaturita più dalle leggende nere che dalla nuda realtà storica, La strega e il robivecchi racconta superstizioni e inganni, doni all’apparenza innocenti e perfidi accordi, umana tenerezza e sortilegi diabolici, spietate condanne a morte e un amore che va oltre il fumo dei roghi voluti dalla Santa Inquisizione.


Fiorella Borin
LA STREGA E IL ROBIVECCHI
Racconto Secondo classificato al Premio Tabula fati 2008
Copertina di Gian Luca Peluso
Edizioni Tabula fati
[ISBN-978-88-7475-178-5]
Pagg. 64 - € 5,00

http://www.edizionitabulafati.it/stregaerobivecchi.htm